1)Istituto bancario in liquidazione coatta amministrativa - responsabilità penale degli organi amministrativi per la dissipazione dei beni aziendali - presupposti;
2)Istituto bancario in liquidazione coatta amministrativa - responsabilità penale degli organi amministrativi – nozione di operazione manifestamente imprudente, cui sia conseguita la perdita di una notevole parte del patrimonio
3)Istituto bancario in liquidazione coatta amministrativa - responsabilità penale degli organi amministrativi - nozione di "notevolezza" rilevante ai sensi dell'art. 217 L.F.
4)Istituto bancario in liquidazione coatta amministrativa – parti civili – presupposti per l’accoglimento della domanda di condanna generica
Di seguito pubblichiamo per estratto una importante sentenza della III Sezione della Corte d’Appello in data 29.12.2022 che ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado nei confronti degli organi amministrativi di un istituto bancario locale dichiarato in stato di insolvenza all’esito della procedura di l.c.a. Numerose le questioni affrontate nella sentenza tra le quali segnaliamo:
1.Quanto alla prima questione, si è fatta applicazione del consolidato concetto di dissipazione per escludere il reato di bancarotta fraudolenta in capo all’amministratore. La "dissipazione", come ricorda la Corte d’Appello, consiste nell'impiego dei beni aziendali in maniera distorta e fortemente eccentrica rispetto alla loro funzione di garanzia patrimoniale, per effetto di consapevoli scelte radicalmente incongrue con le effettive esigenze dell'azienda, avuto riguardo alle sue dimensioni e complessità, oltre che alle sue specifiche condizioni economiche e finanziarie. Occorre, cioè, come chiaramente insegna la Giurisprudenza di legittimità, che l’agente tenga comportamenti manifestamente configgenti ed incoerenti, secondo un giudizio "ex ante", con la tutela del ceto creditorio e con la logica di impresa, ed occorre, sotto il profilo soggettivo, la consapevolezza, da parte dell'autore della condotta, di diminuire il patrimonio societario per scopi del tutto estranei all'oggetto sociale. Nel caso di specie secondo la Corte non può affatto dirsi che l’amministratore abbia contribuito ad adottare decisioni “abnormi”, palesemente contrarie all’interesse della Banca, giacché, all’epoca del suo mandato l’istituto di credito decise di finanziare un soggetto reale, che svolgeva una intensa attività economica sulla base di commesse ricevute da soggetti - pubblici o privati – importanti e, almeno apparentemente, dotati di solidità finanziaria. L’istituto di credito assunse, con l’operato dell’imputato poi assolto, un rischio di credito che rientrava nell’alea propria dell’impresa bancaria, e che lo fece con modalità (lo sconto delle fatture e l’anticipazione su contratti) proprie del settore di competenza, sicché non sono i risultati dell’attività che gli possono essere imputati sotto il profilo penale.
2. La seconda questione di rilievo è quella della nozione di “operazione manifestamente imprudente, cui sia conseguita la perdita di una notevole parte del patrimonio”. La Corte ha escluso che una operazione di “interest rate swap” volta a rendere più accettabile il rischio collegato alla fluttuazione dei tassi d’interesse, effettuato secondo una prassi bancaria diffusa e in esecuzione di una specifica clausola del contratto di finanziamento, possa costituire una operazione manifestamente imprudente, laddove la finalità sia stata quella di quella di accantonare “moneta bancaria” (vale a dire, moneta virtuale) per far fronte ad imprevisti futuri.
3. La terza questione che segnaliamo è l’elaborazione del concetto di “notevolezza” rilevante ai sensi dell’art. 217 L.Fall. Secondo la Corte d’Appello, deve escludersi che la consumazione del patrimonio possa essere considerata “notevole” solo quando abbia determinato o aggravato il dissesto dell’impresa (giacché in questo caso si ricadrebbe nell’ipotesi dell’art. 217, n. 4, LF: aver aggravato il dissesto “con altra grave colpa”),così come non possa parlarsi di consumazione notevole solo quando sia stato pregiudicato il soddisfacimento dei creditori, rendendo incapiente il patrimonio dell’impresa, giacché anche in questo caso si ricadrebbe nell’ipotesi precedente. Pertanto, nel silenzio della legge, si debbano utilizzare, al fine anzidetto, alternativamente, i criteri della proporzionalità e della “quantità”, nel senso che è “notevole” il danno (“la consumazione”) sia quando erode una parte proporzionalmente consistente del patrimonio dell’impresa – rimanendo impregiudicata, in questo caso, la determinazione della misura della proporzione – sia quando sia consumata una parte del patrimonio che sia, in assoluto, “notevole”. Nel silenzio della legge non è possibile, infatti, attribuire rilevanza esclusiva ad uno dei due criteri, anche e soprattutto perché la diversità delle situazioni di fatto, su cui si innesta l’operazione imprudente, rende adeguato talvolta il primo, talvolta il secondo degli anzidetti criteri di valutazione, in dipendenza delle dimensioni e della natura dell’impresa e del suo stato di salute, nonché del tipo di operazione intrapresa.
4. L’ultima questione che si segnala e che la Corte risolve in consapevole contrasto con parte della giurisprudenza di legittimità, è quello secondo cui ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni in favore delle parti civili non è sufficiente accertare l'illegittimità della condotta, ma occorre anche accertarne, sia pure con modalità sommaria e valutazione probabilistica, la portata dannosa di essa, senza la quale il diritto al risarcimento, di cui si chiede anticipatamente la tutela, non può essere configurato.
Tipologia: Comunicato
Data: 19/10/2023
La II sezione della Corte d’Appello di Firenze facendo applicazione dei più recenti orientamenti in tema di abnormità della condotta del lavoratore, idonea ad interrompere il nesso causale (Cass. Sentenza n. 7012/2022 Rv. 284237), ha ritenuto che affinché la condotta possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. Nel caso di specie il lavoratore, deceduto a seguito di caduta da un tetto sul quale era montato per eseguire un sopralluogo, esperto e ben a conoscenza del luogo di lavoro, essendo consapevole delle condizioni del manto di copertura del fabbricato e dei presidi di sicurezza di cui si sarebbe dovuto avvalere (e dei quali era comunque dotato) per prevenire il rischio di caduta dall’alto, deliberatamente sceglieva di salire sulla sommità del fabbricato senza l’indispensabile imbracatura e sganciando anche la cintura di cui era munito (e che gli consentiva quantomeno di stazionare in sicurezza sul ponteggio), dando disposizioni al collaboratore, che era munito di imbracatura, di non salire sulla copertura, nonostante quest’ultimo si fosse offerto, nella consapevolezza di potere eseguire l’incombente in condizioni di assoluta sicurezza.
Tipologia: Comunicato
Data: 16/10/2023
Misure di sicurezza - REMS – successiva attenuazione della misura di sicurezza in conseguenza della diminuita pericolosità sociale dell’internato - impossibilità di individuare un progetto post-REMS, per difficoltà di ordine burocratico, connesse alla mancanza di documenti, di una residenza, di risorse economiche nonché di validi riferimenti sociali e familiari - contrasto con il disposto dell’art. 3 ter del dl 21/11 conv nella l n. 9/12 - appello dell’internato - accoglimento.
L’ordinanza che qui si pubblica si segnala per la concreta applicazione dei principi fissati dall’art. 3-ter, comma 4, del DL 211/11 conv. nella L 9/12 (come inciso dal DL 52/14 conv. nella L 81/14). Il Tribunale di Sorveglianza ricorda come “non solo l’internamento deve essere previsto come extrema ratio, ma mai può essere disposto (o prorogato) sulla base non delle qualità soggettive della persona ma, come nel caso di specie, esclusivamente sulla base di circostanze oggettive ed “esterne” quali il contesto sociale e familiare non idoneo all’accoglienza”. Aggiungendo che la norma stabilisce che “non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza di programmi terapeutici individuali” (art. 3-ter, comma 4, ult .periodo, DL cit.). La fattispecie si caratterizzava per le qualità dell’internato, privo di permesso di soggiorno di stabile dimora e di mezzi di sostentamento in Italia. L’ordinanza è stata preceduta da una complessa istruttoria che ha coinvolto Comuni, Servizi Sociali, Dipartimenti di salute mentale, dell’Area salute mentale adulti, delle Unità funzionali di salute mentale e delle Strutture psichiatriche intermedie ed ha fatto, per la prima volta, riferimento al nuovo “P.U.R.” (“punto unico regionale”), organismo istituito con Delibera della Giunta regionale della Regione Toscana in virtù del recepimento l’accordo della Conferenza Unificata Stato-Regioni del 30.11.22 sulla sanità penitenziaria, che dovrà occuparsi – tra le altre cose – dei percorsi di cura dei soggetti ricoverati nelle REMS “qualora emergessero le condizioni per la revisione della misura di sicurezza”. All’esito dell’istruttoria è stato accolto l’appello con attenuazione della misura di sicurezza in quella più lieve della libertà vigilata, previa iscrizione all’anagrafe del comune ove ha sede la REMS nonché presa in carico da parte dei servizi sociali e psichiatrici e individuazione da parte del P.U.R. di una struttura idonea.
Tipologia: Comunicato
Data: 01/09/2023