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Lavoro – infortuni sul lavoro - comportamento abnorme del lavoratore – interruzione del nesso causale - condizioni - fattispecie

La II sezione della Corte d’Appello di Firenze facendo applicazione dei più recenti orientamenti in tema di  abnormità della condotta  del lavoratore, idonea ad interrompere il nesso causale (Cass. Sentenza n. 7012/2022 Rv. 284237), ha ritenuto  che affinché la  condotta possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. Nel caso di specie il lavoratore, deceduto a seguito di caduta  da un tetto sul quale era montato per eseguire un  sopralluogo, esperto e ben a conoscenza del luogo di lavoro, essendo consapevole delle condizioni del manto di copertura del fabbricato e dei presidi di sicurezza di cui si sarebbe dovuto avvalere (e dei quali era comunque dotato) per prevenire il rischio di caduta dall’alto, deliberatamente sceglieva di salire sulla sommità del fabbricato senza l’indispensabile imbracatura e sganciando anche la cintura di  cui era munito (e che gli consentiva quantomeno di stazionare in sicurezza sul ponteggio), dando disposizioni al collaboratore, che era munito di imbracatura, di non salire sulla copertura, nonostante quest’ultimo si fosse offerto, nella consapevolezza di potere eseguire l’incombente in condizioni di assoluta sicurezza.


Tipologia: Comunicato

Data: 16/10/2023

Sentenza Corte d'Appello di Firenze del 18-05-2023

Misure di sicurezza - REMS

Misure di sicurezza - REMS –   successiva attenuazione della misura di sicurezza in conseguenza della diminuita  pericolosità sociale dell’internato  - impossibilità di individuare un progetto post-REMS, per difficoltà di ordine burocratico, connesse alla mancanza di documenti, di una residenza, di risorse economiche nonché di validi riferimenti sociali e familiari -  contrasto con il disposto dell’art. 3 ter del dl 21/11 conv nella l n. 9/12 - appello dell’internato -  accoglimento.

L’ordinanza che  qui si pubblica si segnala per la concreta applicazione dei  principi  fissati dall’art. 3-ter, comma 4, del DL 211/11 conv. nella L 9/12 (come inciso dal DL 52/14 conv. nella L 81/14). Il Tribunale di Sorveglianza ricorda come  “non solo l’internamento deve essere previsto come extrema ratio,  ma mai può essere disposto (o prorogato) sulla base non delle qualità soggettive della persona ma, come nel caso di specie, esclusivamente sulla base di circostanze oggettive ed “esterne” quali il contesto sociale e familiare non idoneo all’accoglienza”. Aggiungendo che la norma stabilisce che “non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza di programmi terapeutici individuali” (art. 3-ter, comma 4, ult .periodo, DL cit.).  La fattispecie si caratterizzava per le qualità dell’internato, privo di permesso di soggiorno  di stabile dimora e di mezzi di sostentamento in  Italia. L’ordinanza è stata preceduta da una complessa istruttoria che ha  coinvolto Comuni, Servizi Sociali, Dipartimenti di salute mentale, dell’Area salute mentale adulti, delle Unità funzionali di salute mentale e delle Strutture psichiatriche intermedie ed ha fatto, per la prima volta, riferimento  al nuovo “P.U.R.” (“punto unico regionale”), organismo istituito  con Delibera della Giunta regionale della Regione Toscana  in virtù del recepimento l’accordo della Conferenza Unificata Stato-Regioni del 30.11.22 sulla sanità penitenziaria,  che dovrà occuparsi – tra le altre cose – dei percorsi di cura dei soggetti ricoverati nelle REMS “qualora emergessero le condizioni per la revisione della misura di sicurezza”. All’esito dell’istruttoria è stato accolto l’appello con  attenuazione della misura di sicurezza in quella più lieve della libertà vigilata,  previa iscrizione all’anagrafe del comune ove ha sede la REMS nonché  presa in carico  da parte dei  servizi sociali e psichiatrici e individuazione da parte  del P.U.R. di una struttura idonea.


Tipologia: Comunicato

Data: 01/09/2023

TdS Ordinanza 11-07-23

Art. 4 bis permessi premio

Ordinamento Penitenziario – Art. 4 Bis O.P. come modificato dal D.L. 31 ottobre 2022 n. 162 conv. in   Legge 30 dicembre 2022 n. 199 – permessi premio per detenuti condannati all’ergastolo c.d. ostativo - efficacia retroattiva della norma sopravvenuta sfavorevole nei confronti dell’interessato che già in precedenza ha usufruito del beneficio del permesso premio – contrarietà a principi costituzionali – insussistenza -  violazione  del principio di non regressione del trattamento rieducativo in assenza di comportamenti colpevoli del condannato -  insussistenza – nuove norme sui permessi premio  applicabili  non solo alle istanze presentate prima e dopo la data di entrata in vigore della legge, ma anche nei confronti di chi avesse già ottenuto il permesso premio, sulla base di quanto disposto con la sentenza   della Corte Costituzionale n. 253 del 2019 e dall’ordinanza n. 97 del 2021.

Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze con articolata ordinanza del 01.06.2023 nel rigettare un reclamo   presentato dalla Procura della repubblica avverso il rilascio di permessi premio ad un condannato al c.d. ergastolo ostativo,  ha compiuto una ampia ricognizione delle nuove norme introdotte  nell’art. 4 bis  O.P.  come modificato   dal D.L. 31 ottobre 2022 n. 162 conv. in   Legge 30 dicembre 2022 n. 199, ritenendo che le stesse rispondessero pienamente ai rilievi costituzionali sollevati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 253 del 2019 e con l’ordinanza n. 97/2021. D’altro canto ha escluso che  modifiche peggiorative dei presupposti per il  rilascio di permessi premio a condannati  che ne abbiano già positivamente fruito  in passato possa costituire violazione del principio di  non regressione del trattamento rieducativo in assenza di comportamenti colpevoli del condannato, rilevando che la disciplina dei permessi premio  non peggiora in modo sostanziale la pena, che rimane eseguibile solo dentro il carcere, non incide sulla libertà personale e non comporta quella trasformazione in un “aliud” della pena rispetto a quella stabilita al momento della condanna.

Nel merito il reclamo della Procura è stato respinto ritendo che il condannato rispondesse anche ai nuovi e più stringenti requisiti sia sotto il profilo della correttezza del percorso detentivo, sia sul piano della revisione critica e anche della regolare condotta tenuta dal  condannato in occasione del rilascio dei precedenti permessi premio nel corso di quasi dieci anni. Quanto all’onere della prova a carico del condannato circa la dimostrazione del pagamento delle obbligazioni civili o dell’impossibilità di farvi fronte, anche rispetto al beneficio del permesso premio, secondo il Tribunale una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere  che l’onere probatorio in questione debba essere invece rapportato al tipo ed alla natura del beneficio che viene chiesto ed ai caratteri della progressione trattamentale che connotano i diversi istituti. E così, partendo dal presupposto che il permesso premio riguarda una situazione di fatto non equiparabile alle misure …la rilevanza di tale elemento deve per forza di cose avere una portata applicativa diversa e certamente non preclusiva all’accesso quando il soggetto abbia già raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio premiale richiesto,


Tipologia: Comunicato

Data: 30/06/2023

Ordinanza TdS 01.06.23.pdf

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