Ordinamento Penitenziario – Art. 4 Bis O.P. come modificato dal D.L. 31 ottobre 2022 n. 162 conv. in Legge 30 dicembre 2022 n. 199 – permessi premio per detenuti condannati all’ergastolo c.d. ostativo - efficacia retroattiva della norma sopravvenuta sfavorevole nei confronti dell’interessato che già in precedenza ha usufruito del beneficio del permesso premio – contrarietà a principi costituzionali – insussistenza - violazione del principio di non regressione del trattamento rieducativo in assenza di comportamenti colpevoli del condannato - insussistenza – nuove norme sui permessi premio applicabili non solo alle istanze presentate prima e dopo la data di entrata in vigore della legge, ma anche nei confronti di chi avesse già ottenuto il permesso premio, sulla base di quanto disposto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 253 del 2019 e dall’ordinanza n. 97 del 2021.
Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze con articolata ordinanza del 01.06.2023 nel rigettare un reclamo presentato dalla Procura della repubblica avverso il rilascio di permessi premio ad un condannato al c.d. ergastolo ostativo, ha compiuto una ampia ricognizione delle nuove norme introdotte nell’art. 4 bis O.P. come modificato dal D.L. 31 ottobre 2022 n. 162 conv. in Legge 30 dicembre 2022 n. 199, ritenendo che le stesse rispondessero pienamente ai rilievi costituzionali sollevati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 253 del 2019 e con l’ordinanza n. 97/2021. D’altro canto ha escluso che modifiche peggiorative dei presupposti per il rilascio di permessi premio a condannati che ne abbiano già positivamente fruito in passato possa costituire violazione del principio di non regressione del trattamento rieducativo in assenza di comportamenti colpevoli del condannato, rilevando che la disciplina dei permessi premio non peggiora in modo sostanziale la pena, che rimane eseguibile solo dentro il carcere, non incide sulla libertà personale e non comporta quella trasformazione in un “aliud” della pena rispetto a quella stabilita al momento della condanna.
Nel merito il reclamo della Procura è stato respinto ritendo che il condannato rispondesse anche ai nuovi e più stringenti requisiti sia sotto il profilo della correttezza del percorso detentivo, sia sul piano della revisione critica e anche della regolare condotta tenuta dal condannato in occasione del rilascio dei precedenti permessi premio nel corso di quasi dieci anni. Quanto all’onere della prova a carico del condannato circa la dimostrazione del pagamento delle obbligazioni civili o dell’impossibilità di farvi fronte, anche rispetto al beneficio del permesso premio, secondo il Tribunale una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’onere probatorio in questione debba essere invece rapportato al tipo ed alla natura del beneficio che viene chiesto ed ai caratteri della progressione trattamentale che connotano i diversi istituti. E così, partendo dal presupposto che il permesso premio riguarda una situazione di fatto non equiparabile alle misure …la rilevanza di tale elemento deve per forza di cose avere una portata applicativa diversa e certamente non preclusiva all’accesso quando il soggetto abbia già raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio premiale richiesto,
Ordinanza TdS 01.06.23.pdfDelitti contro l’attività giudiziaria - art. 374 bis c.p. - false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria o alla corte penale internazionale (art. 374 bis c.p.) - contratto di lavoro parzialmente falsificato quanto all’orario di lavoro - riqualificazione nell’ipotesi depenalizzata di cui all’art. 485 Codice penale – infondatezza -
La Corte di appello di Firenze con sentenza del 31/01/2023 respingeva l’appello dell’imputato confermando la sentenza di condanna di primo grado per il delitto di cui all’art. 374 bis c.p.
Nel caso di specie l’imputato, sottoposto a misura cautelare personale degli arresti domiciliari, al fine di ottenere l’autorizzazione del Tribunale ad allontanarsi dal luogo degli arresti domiciliari per lo svolgimento dell'attività lavorativa, traendo in errore il proprio difensore che lo allegava alla istanza, produceva un contratto di lavoro falsificato relativamente all’orario di lavoro inducendolo così a dichiarare falsamente rapporti di lavoro secondo modalità inesistenti. Avverso la sentenza di condanna, il difensore proponeva appello richiedendo tra l’altro la riqualificazione del reato nella fattispecie depenalizzata di cui all’art. 485 c.p. di falso materiale in scrittura privata sostenendo che la norma contestata, art. 374 bis c.p. punisse solo il falso ideologico, ma che nel caso di specie, avendo l’imputato ammesso di aver falsificato materialmente il contratto, si verserebbe esclusivamente in una ipotesi di falso materiale in scrittura privata non più punibile a seguito dell’intervenuta abrogazione dell’art. 485 c.p. La Corte respingeva l’appello aderendo alla interpretazione della Corte di Cassazione secondo cui la norma in questione richiede «soltanto che qualcuno abbia dichiarato, in un atto destinato all'autorità giudiziaria, una condizione, qualità personale, un trattamento terapeutico, un rapporto di lavoro in essere o da instaurare, in modo inveridico. Ciò prescinde dalla circostanza che l'atto destinato all'autorità giudiziaria sia materialmente vero o falso. L’atto è infatti soltanto lo strumento attraverso il quale la dichiarazione ideologicamente difforme dalla realtà viene veicolata di fronte al giudice, giacché l'incriminazione ex art. 374-bis cod. pen. si appunta sulla dichiarazione mendace in sé, quale che sia lo strumento attraverso cui essa viene presentata al magistrato. Deve pertanto aversi riguardo, ai fini della configurabilità del reato in esame, non all'autenticità materiale dell'atto ma all'inveridicità dei suoi contenuti e all'idoneità dell'atto stesso ad adempiere alla funzione probatoria alla quale è preordinato» (così in motivazione Cass. Sez. 6, Sentenza n. 23547 del 26/04/2016).
Quanto alla falsità materiale in scrittura privata, la Corte d’Appello riteneva, sempre conformemente alla giurisprudenza di legittimità, che “al più «sussiste un concorso formale tra il reato di falsità in scrittura privata di cui all'art. 485 cod. pen., e quello di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'Autorità giudiziaria, di cui all'art. 374 bis cod. pen., nell'ipotesi in cui la falsa attestazione di qualità e condizioni personali inesistenti, da produrre come prova in un procedimento dinanzi all'A.G., venga realizzata mediante l'abusivo riempimento di un foglio già sottoscritto da un terzo, autore solo apparente dell'attestazione». (Cass Sez. 6, Sentenza n. 35318 del 02/05/2013 Rv. 257082).
Sentenza CdA II sezione 31 gennaio 2023
Pene sostitutive – art- 20 bis Codice penale – richiesta avanzata dal difensore per la prima volta nell’udienza d’appello – applicazione per la prima volta in grado di appello - inammissibilità – astratta possibilità di applicazione delle pene sostitutive in ragione della misura della pena inflitta – sussistenza - necessità di fissare l’udienza di cui all’art. 545 bis c.p.p. in mancanza delle concrete condizioni per far ricorso alla sostituzione – insussistenza
La prima sezione della Corte d’Appello con sentenza del 24 gennaio 2023, ponendosi in contrasto con la pronunzia adottata da altra sezione e già pubblicata (si veda infra CdA II sezione, sentenza del 7 marzo ‘23) ha ritenuto inammissibile la richiesta di pena sostitutiva avanzata per la prima volta in udienza senza che tale richiesta fosse stata devoluta nell’atto d’appello, facendo applicazione del principio fissato da SS.UU. sentenza n. 12872 del 19.1.2017. Ha inoltre affermato che pur in presenza di una astratta sostituibilità della pena, in mancanza dei presupposti sostanziali di cui all’art. 58 D.P.R. 689/81 ed in particolare della favorevole prognosi in ordine alla commissione di ulteriori reati, non è necessario procedere alla fissazione dell’udienza di cui all’art. 545 bis c.p.p.
CdA I Sezione 24.01.2023Pene sostitutive – art- 20 bis Codice penale – lavoro di pubblica utilità – applicazione per la prima volta in grado di appello - possibilità.
La seconda Sezione della corte d’Appello di Firenze con sentenza del 7 marzo 2023 ha fatto applicazione della nuova pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità ora prevista dall’art. 20 bis del Codice penale introdotto con d.lgs. 150/2022 (cd. riforma “Cartabia”). La Corte ha implicitamente ritenuto applicabile tale sostituzione della pena principale anche in assenza di specifico motivo d’appello sul punto, ritenendo sufficiente l’istanza presentata per la prima volta dal difensore in sede di conclusioni scritte nel giudizio d’appello.
Avverso detta sentenza in data 14 aprile 2023 è stato proposto dalla Procura generale ricorso per cassazione ipotizzandosi l’inosservanza dell’art. 597 c.p.p. per violazione del principio devolutivo dell’appello.
La Corte di Cassazione con sentenza N. 41313 del 27/09/23 ha accolto il ricorso del P.G.
La sentenza d’appello, il ricorso per Cassazione e la sentenza della Corte di Cassazione possono leggersi qui di seguito
Sentenza Cassazione N. 41313 del 27.09.2023 Ricorso Cassazione sostituzione pena in appello CdA II Sezione 7 marzo 23Ordinamento penitenziario – divieto di concessione di benefici penitenziari ai sensi dell’art. 4 bis O.P. - reati commessi anteriormente al 1992 - irretroattività della norma restrittiva allorché la normativa sopravvenuta non comporti mere modifiche delle modalità esecutive bensì una trasformazione della natura stessa della pena e della sua concreta incidenza sulla libertà personale del condannato – ammissibilità della richiesta di benefici penitenziari.
Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze con ordinanza del 28.03.2023 ha fatto puntuale applicazione dei principi in materia di irretroattività della norma penitenziaria più sfavorevole come consacrati nella nota sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2020 del 12 febbraio 2020. Si trattava di una vicenda particolarmente rilevante tenuto conto della gravità del delitto commesso, anteriormente al 1992, e della durata della detenzione sino ad ora patita.
TdS 28.03.23