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Procura Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Firenze

Procura Generale di Firenze

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03/04/2023
comunicato
VIOLAZIONI TRIBUTARIE ERRORE SU NORMA EXTRA PENALE

REATI TRIBUTARI - VIOLAZIONE ART. 4 DLGS 74/2000 -  ERRORE SU NORMA EXTRA-PENALE -  DISPOSIZIONI RIGUARDANTI IL SETTORE UNIVERSITARIO E DELLA RICERCA SCIENTIFICA, NONCHÉ IL SERVIZIO DI MENSA NELLE SCUOLE (LEGGE 4/1999 LEGGE “BARILE”). -  FILIAZIONI IN ITALIA DI UNIVERSITÀ E ISTITUTI SUPERIORI DI INSEGNAMENTO STRANIERI -  CRITERI AFFILIAZIONE -  CONFIGURABILITÀ DELLA VIOLAZIONE - SUSSISTENZA.  

La terza sezione della  Corte d’Appello di Firenze con sentenza del 7 giugno 2022  ha affrontato rilevanti questioni in materia di errore sulla legge extrapenale in materia tributaria,  affermando in conformità a Cass Sez. 7 ordinanza n. 44293 del 13.7.2017 rv. 271487 che “ai fini dell’integrazione del reato di dichiarazione infedele, previsto dall’art. 4 dlgs 74 del 2000, la mancata conoscenza, da parte dell’operatore professionale, della norma tributaria posta alla base della violazione penale contestata, costituisce errore sul precetto che non esclude il dolo ai sensi dell’art. 5 c.p., salvo che sussista una obiettiva situazione di incertezza sulla portata applicativa o sul contenuto della norma fiscale extrapenale, tale da far ritenere l’ignoranza inevitabile.” La Corte di appello, nel caso di specie,   respingeva l’argomentazione difensiva  tesa a sostenere la non conoscibilità della norma da parte di un soggetto professionalmente qualificato come l’imputato. La Corte di appello escludeva inoltre che la circostanza che l’ente si fosse rivolto a un esperto professionista per ottenere una consulenza in materia valesse come elemento per suffragare la tesi difensiva relativa al presunto difetto dell’elemento soggettivo.  Riportando quanto previsto dalla legge “Barile”, la corte d’appello ne sottolineava la chiarezza di formulazione, che non dava spazio a incertezze interpretative in merito al requisito non osservato dall’istituto. Invero solo riguardo  al versamento dell’IVA si poneva  il problema dell’efficacia del riconoscimento, da parte della PA, di un ente che aveva comunque svolto attività didattica, sia pure in violazione dei requisiti previsti dalla legge 4/1999. Aspetto che, come sottolineato dalla corte, era del tutto irrilevante nel caso specifico, relativo al mancato versamento dell’ IRES poiché il reato contestato era già stato escluso in primo grado limitatamente all’omessa presentazione della dichiarazione IVA.

Sentenza CdA III sezione 7 giugno 22

03/04/2023
comunicato
Sentenza CdA 13.02.2023

Testo unico stupefacenti (dpr 309/90) - produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti e psicotrope (cannabis) -  art. 80 comma 2 aggravante dell’ingente quantità - configurabilità- SS.UU. 32658/12 , Biondi - nuova evoluzione giurisprudenziale- insussistenza dell’aggravante.

La Corte di appello di Firenze si pronunciava con sentenza n. 5387/19 Reg. Gen. App. del 13 febbraio 2023 in merito all’aggravante dell’ingente quantità di sostanza stupefacente in un caso di coltivazione produzione e detenzione di oltre  trecento piante di  cannabis  e di circa 20 kg di marijuana già essiccata ritenuta dal giudice di primo grado.

Nel caso in esame il giudice di primo grado  aveva applicato il criterio aritmetico codificato nella sentenza Sezioni Unite “Biondi” n. 36258/12, ma  la Corte d’appello  rilevava come l’evoluzione giurisprudenziale successiva alla pronuncia della sentenza impugnata aveva modificato il criterio di determinazione della ingente quantità riguardo le c.d. “droghe leggere”. Facendo specifico  riferimento alla decisione  n. 14722/20 delle Sezioni Unite che da un lato ha ribadito che continuano ad essere validi i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile fissati dalla sentenza delle sezioni Unite n. 36258 del 24 maggio 2012, dall’altro ha però precisato che, con riferimento alle droghe leggere, l’aggravante non è di norma ravvisabile quando la quantità di principio attivo è inferiore a 2 chilogrammi di principio attivo pari a 4000 volte il valore-soglia di 500 milligrammi. Infatti, in seguito alla sentenza del giudice amministrativo, che ha annullato il DM che aveva aumentato tale valore soglia a 1000 mg, tale valore, sottolineava la Corte di appello, veniva riportato a 500 mg, e quindi per rispettare il criterio proporzionale che aveva ispirato la sentenza “Biondi” si doveva raddoppiare il moltiplicatore.

Ne conseguiva, nel caso specifico, la necessità di escludere la sussistenza di tale circostanza aggravante.

Sentenza CdA 13.02.23

03/04/2023
comunicato
Sentenza CdA 17.11.2022

Testo unico stupefacenti (DPR 309/1990)- produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 73 comma 1) - coesistenza della fattispecie di cui all’art.  73 comma 4 con quella di  cui all’art. 73 comma 5 dpr 309/90 accertate nel medesimo contesto in relazione a differenti  tipologie  di sostanze stupefacenti   - configurabilità.

La Corte di appello di Firenze con sentenza del 17 novembre 2022 si pronunciava sulla possibilità di coesistenza delle  fattispecie ex art. 73 comma 4 e 73 comma 5 DPR 309/90 accertate nel medesimo contesto in relazione a diverse tipologie di sostanze ritenendo il motivo di appello del difensore fondato sulla base della  attuale giurisprudenza di legittimità. La Corte d’appello ammetteva  tale la possibilità astratta di una valutazione diversa di condotte contestuali che avessero ad oggetto sostanze di tipo differente. La Corte prendeva le mosse  dalla sentenza n. 32/2014 della Corte costituzionale che  aveva determinato la reviviscenza dell’art. 73 nella sua formulazione precedente alle modifiche introdotte con DL 272/05 e relativa legge di conversione,  che non era stato validamente abrogato ed in seguito alla introduzione della L. 10/2014 di conversione del DL 146/14 che ha modificato l’art. 73 comma 5 facendolo diventare una fattispecie autonoma.

Ne emergeva la possibilità, con questo nuovo assetto normativo, di ritenere possibile un concorso formale fra il reato previsto dall’art. 73 comma 4 DPR 309/90 e il reato di lieve entità per una sostanza “pesante” a condizione che “gli elementi sintomatici della lievità del fatto siano in grado di soverchiare o comunque di compensare la valenza negativa ricavabile dalla ulteriore condotta qualificata come ordinaria”.

Nel caso di  specie  la Corte di appello riteneva che la valutazione del dato ponderale, insieme all’occasionalità delle cessioni di cocaina dovesse quindi prevalere, e giustificasse una valutazione differenziata delle condotte. Ne conseguiva la riqualificazione del reato in quello previsto all’art. 73 comma 5 DPR 309/90 in relazione alla sola detenzione e cessione di cocaina che veniva posto in continuazione con il più grave in concreto reato di cui all’art. 73 comma 4 DPR 309/90

Sentenza CdA II sezione 17.11.22

03/04/2023
comunicato
Sentenza CdA 20.05.2022

Testo unico stupefacenti- art. 73 comma 5 dpr n. 309/90-  prova  della destinazione  della sostanza alla cessione – mero  dato quantitativo ponderale – inidoneità

La Corte di appello di Firenze con sentenza del 20.05.2022 ha ribadito che ai fini della configurabilità del reato di illecita detenzione di cui all’ art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, “la destinazione all’ uso personale della sostanza stupefacente non ha natura giuridica di causa di non punibilità e non è onere dell’imputato darne la prova, gravando invece sulla pubblica accusa l’ onere di dimostrare la destinazione allo spaccio.”

La Corte d’appello sottolineava come la destinazione della droga al fine di spaccio possa essere dimostrata in base ad elementi oggettivi univoci e significativi, quali il notevole quantitativo della droga, il rinvenimento dello strumentario che lo spacciatore tipicamente utilizzava per il confezionamento delle dosi e le modalità di detenzione della droga (Sez. 4, n. 36755 del 04/06/2004 - dep. 17/09/2004, Vidonis, Rv. 229686), facendo riferimento anche alla sentenza della Corte costituzionale n.32/2014.

La corte d’appello nel caso in esame ha affermato come il dato quantitativo-ponderale non fosse di per sé decisivo, trattandosi di un parametro da valutare contestualizzandolo e che in assenza di altri elementi oggettivi univoci e significativi non sussistessero le condizioni per affermare la responsabilità dell’imputato.

Sentenza CdA II sezione 20.05.22

17/03/2023
comunicato
Ricusazione

Ricusazione (art. 37 c.p.p.) -   avverso pronuncia  del giudice,  resa nell'esercizio  di pieni poteri  discrezionali – impossibilità  di considerarla come "manifestazione  indebita  di  convincimento”  ai sensi  della lett. B) dell’art. 37 c.p.p. -inammissibilità inaudita altera parte a fronte di  condotte    processuali   che   si manifestano, obiettivamente, come meramente  interdittive e manifestamente dilatorie – conseguente condanna della aprte a pagamento di somma in favore della cassa ammende

Con Ordinanza del  13 marzo 2023 la Corte d’Appello di Firenze ha dichiarato  inaudita altera parte  inammissibile una istanza di ricusazione   le cui  censure  sono state ritenute  del tutto estranee alla procedura di ricusazione, non rientrando in alcuno dei  parametri fissati  dall'art. 37 c.p.p.  lettere a) e b), atteso che mai la pronuncia  del giudice,  resa nell'esercizio  dei pieni poteri  discrezionali, può  essere  considerata   "manifestazione  indebita  di  convincimento'   potendo  essere eventualmente ritenuta  erronea,  e pertanto  impugnabile con gli ordinari  mezzi di impugnazione. Si è ritenuto inoltre di applicare la   sanzione di  cui  all'art. 44  c.p.p.,  atteso  che  l'istituto processuale  è stato attivato consapevolmente  - poiché attivato da professionista  che deve ritenersi perfettamente consapevole  della  eccentricità  della  istanza  di  ricusazione  presentata  in relazione  ai fini  della  procedura  di legge - al di fuori dei suoi presupposti,  così operando una gravissima  distorsione  del sistema processuale.

Ordinanza ricusazione 4 - 23
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